16-6-2009

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Sobre Henrique Caiado (1470 ? - 1509)

 

DELLA VITA E DELLE OPERE DI ANTONIO URCEO DETTO CODRO
 
STUDI E RICERCHE DI CARLO MALAGOLA
 

in Bologna, dalla Tipografia Fava e Garagnani al Progresso,  1878

 

(Pags. 259 a 271)

  

A coloro che furono amici di Codro in Bologna è da aggiungere il portoghese Enrico Caiado, che talvolta, poetando, prese il nome di Ermico. Di lui poco o nulla sapremmo se non ci fossero rimasti due rarissimi opuscoli non notati dall’Hain, nè dal Brunet, stampati in questa città, l’uno da Giustiniano da Rubiera, forse nel 1496 (1), l'altro da Benedetto d'Ettore Faelli nel 1501 (2). Poiché non conosciamo scrittore alcuno che del Caiado abbia discorso, cercheremo, con l'aiuto di questi due opuscoli, dar qualche cenno del portoghese. Il quale a Bartolomeo Bianchini, che gli aveva chiesto notizie della sua famiglia, cosi rispondeva in uno dei carmi che gli diresse:

 

« Alvarus est genitor: genitrix est Anna, parentum

        Gloria nec decori est nec mihi dedecori.

Dicere at illa tamen nullis non testibus ausim:

        Pro patria gessit fortia bella pater.

Auspiciis ductuque suo terraque marique

        Invicta statuit mille trophea manu (3) ».

 

Egli aveva un fratello Arcidiacono, per nome Ludovico, cui dedicò uno de’ suoi epigrammi (4). Sappiamo ancora che gli fu maestro quel Cataldo Parisio, siciliano, col quale ebbe tanta inimicizia Raffaele Regio; anzi lo stesso Caiado lo riconosce come suo primo istitutore:

 

« Formasti ingenium primus, primusque per altos

        Duxisti lucos antraque Pieridum (5) ».

 

Prima ancora di venir a Bologna Enrico aveva abitato in Firenze, dalla quale città egli scriveva già ai 9 di luglio del 1495 (6); e v’era ancora ai 5 di novembre di quell’anno, giacché porta tale data un'altra sua lettera a Rodrigo De Pina, dove, dopo avergli ricordato non potere dimenticare i grandi benefici da lui ricevuti, gli diceva: « Ab hinc menses quatuor aeglogam aliquarum rerum, quae Florentiae contingerunt, edidimus, dicavimusque lacobo de Suosa, viro excellentissimo, qui diebus hijs divina miseratìone pontifex Portuensis declaratus est; amat enim me supra quam dici possit: vir omni umanitate, omni prorsus virtute praeditus. Alia mox aegloga prodii de Lusitaniae nostrae fertilitate, de adventu meo in Italiam, deque infortunio quod mihi adversa fortuna obiecit, dum in piscium vivario natarem… (7)”. È probabile che in Firenze il Caiado conoscesse Angelo Poliziano, pel quale scrisse questo epigramma:

 

               “Ad Angelum Politianum

 

Dum sol oceanum, curru properante, revisit

        Et vehitur fessis precipitatus equis,

Moenia quae posuit sublimia magnus Ulixes

        Auriferi et ripas conspicit ipse Tagi,

Unde huc concessi musarum captus amore

        Huc ubi Parnasi numina cuncta vigente

Praemia militiae vel maxima consequar olim

        Auspiciis ductus Pulitiane tuis (8) ».

 

Nè pago a ciò, volle comporgli poi anche un epitafio, che suona così:

 

 

«Pulitianus in hoc tumulo est, vivitque sepultus,

Hoc facit et triplex facundia et ingenium acre:

Dicere seu voluit, seu rerum exqmrere causas (9) ».

 

E forse mentre era in Firenze scrisse l’epigramma in lode di Giuliano de' Medici (10), che è probabile conoscesse di persona. Di là egli si trasferì a Bologna, dove le sue lettere ce lo mostrano dai 13 di febbraio del 1496 al 15 di maggio del 1497 (11). Nella nostra città il Caiado fu discepolo del vecchio Beroaldo, offerendo al quale la sua quarta egloga, cosi incominciava la lettera dedicatoria : “Philippo Beroaldo Bononiensi discipulus Henricus Caiadus. S. (12) ».

 

Inoltre egli era famigliare coi Bentivoglio (cui intitolò diversi epigrammi (13) e particolarmente coll’Arcidiacono Antonio Galeazzo, che aveva assistito, secondo che scriveva il nostro portoghese, alla lettura di una sua egloga, offerta poi a lui, e ne aveva fatte grandi lodi (14).

 

Ancora conobbe nella nostra città Mino Rossi, Guido Pepoli, Antonio Albergati, il cavaliere Casio, Nicolò Rangoni, Ludovico Bianchi, Gian Francesco Aldrovandi ed Angelo Ranuzzi, uomini che vi sostenevano i più alti uffici; conobbe pure Bartolomeo Barbazza, figlio del famoso Leggista, e fra i letterati, oltre l'Urceo, Filippo Beroaldo juniore, Andrea Magnani, Costanzo Claretti de’ Cancellieri e Bartolomeo Bianchini, ai quali tutti indirizzò carmi ed epigrammi (15). In Bologna egli certamente diede opera allo studio delle Leggi, ma il poeta non tacque che a malincuore, e solo per comando di Nonio Caiado, vi attendeva.

 

« Discere me cogis, Noni, civilia iura (16) »

 

gli dice in un epigramma, ed in un altro:

 

Legibus incumbo, Noni, tua iussa secutus (17) »

 

nè certo avrà ricavato grande profitto da quello studio.

Dopo aver dimorato in Bologna, per quanto ci è noto, forse insino all'ultimo dell’anno scolastico 1496-1497, egli dovette recarsi allo Studio di Rovigo, ove si trovava ai 5 di gennaio del 1500 (18), e donde passò a Ferrara, nella quale città s’era già stabilito ai 29 di settembre del 1500, ed ancora vi dimorava ai 13 di gennaio dell’anno seguente. Colà egli frequentò la Corte di Ercole d’Este, e vi conobbe Pandolfo Collenuccio, Antonio Tebaldeo, Celio Calcagnini, Tito ed Ercole Strozzi (19), al quale si professa obligato e devoto in un carme che termina:

 

“……………………………………………………..

Instar te colo numinis: tibique

Vitam devoveo, Hercules, dearum

Nostrarum decus unicumque lumen.

Versus numeris hoc loco dicamus:

Qualescumque sinunt venire curae,

Curae, quae, duce te, procul recedent

Linquentes animum gravi labantem

Moerore anxietateque dolore,

Laudes liberior tuas canendo,

Otii te artificem mei fatebor (20) ».

 

Il Caiado era forse di famiglia nobilissima, perchè aveva famigliarità cogli uomini più cospicui per dignità che fossero in Portogallo. Nella dedicatoria della sua quarta egloga a Giorgio, figlio di Giovanni II Re di Portogallo, gli diceva : «Accepisti (ut arbitror) antehac litteras, quae nostrae erga te observantiae fuerunt indices (21) »; le quali parole mostrano come ei fosse in corrispondenza epistolare con quel Principe. Anche doveva aver qualche relazione col re Emanuele, poiché a questi dedicò i suoi versi (22) e ne scrisse alquanti per lui.  Dei portoghesi, cui intitolò qualche poetico componimento sono da ricordare Giacomo de Suosa, Legato del Re Giovanni II, Ludovico Tessira cavaliere, un Pachequo, un Gomez, un Castelbranco, un De Pina ed un Mello (23). Ebbe anche amicizia con molti inglesi, tedeschi, spagnuoli e francesi, di cui lasciò memoria ne' suoi epigrammi.

 

Ma altre poesie latine del nostro portoghese ci sono rimaste, oltre quelle che leggonsi nelle due edizioni bolognesi, già descritte. Perocché troviamo un epigramma del Caiado in fine del volume dei commenti del Barbazza al titolo “de Iudiciis (24)”, un altro in fine a quelli sul titolo “De Foro competenti (25)”; un terzo parimenti in fine ai commenti al titolo “de Probationibus (26)”, ed un quarto nell’ ultimo foglio del volume dei commenti al titolo “De libelli oblatione (27)”.

 

Inoltre nelle “Collettanee grece latine et vulgari”, raccolte e publicate nel 1504 da Giovanni Filoteo Achillini in morte di Serafino Aquilano, troviamo un epigramma del nostro Caiado (28). Ho voluto ricordare anche questi brevi componimenti, perchè, trovandosi essi in edizioni bolognesi rarissime ed antichissime, difficilmente potevano essere conosciuti, massime dai Portoghesi.

 

Ora mi piace riportare il giudizio di alcuni fra i più dotti contemporanei del Caiado sopra i versi di lui. Senza riferir qui le lodi che ne fanno Ugerio Pontremolese (29) e Costanzo Claretti de’ Cancellieri (30) in due epigrammi che indirizzarono all’ amico di Codro, dirò come Antonio Tebaldeo dettasse il seguente, che fu posto in principio del libro delle poesie latine del Caiado stesso, edite nel 1501:

 

                           “Antonius Tebaldeus .

                              in laudem operis.

 

Qui leget hunc, tres ille legit: leget ille Catullum;

        Sulmo, tuum vatem; Mantua clara, tuum.

Gloria ni traheret, titulum Hermicus abdere libri

        Debuerat; dempto nomine, priscus erit (31) ».

 

Nè meno onorevole pel Caiado è la lettera di Filippo Beroaldo seniore a Ludovico Tessira, pure stampata nell’edizione suddetta, e che contiene questo autorevolissimo giudizio: “Consulis me, per Epistolam luculenter scriptam, quod de municipis tui ingenio poetico, quod de poematibus sentiam : Accipe summatim. Hermicus lusitanus in condendis poematibus ingeniosus, elegans, florulentus, habet venerem, habet sale. Sunt illi verba latina, sententiae poeticae, versus emuncti. Concludit ex epigrammatistarum lege decenter et salse. Ego quidem antiquos scriptores suspicio, non tantum ut recentiores despiciam (32) ».

 

Ed il giovane Beroaldo in un epigramma “ad Bartholomeum Blanchinum Condiscipulum Optimum “, encomia anch’egli il portoghese:

 

« Blanchine, o veterum virorum imago,

Dicam, quae mihi opinio, roganti

De Caiadi Epigrammaton libellis.

Et Phoebus pater, et novem sorores,

Pallas sobria, et ebrius Lyaeus

Debent huic homini satis, superque

Cum sit tam pius omnium sacerdos,

Et Phoebi furor, et poeta verus (33) ».

 

Nè da questi soltanto furon lodati i versi del Caiado, ma eziandio dal Collenuccio; e lo apprendiamo dal seguente epigramma di Enrico stesso, diretto al grande pesarese, ove mostra, ed a ragione, compiacersi del favorevole giudizio di quell’illustre :

 

             “Ad Pandulphum Pesaurensem.

 

Quod tantum, Pandulphe, probes epigrammata nostra,

        Gloriolam nequeo dissimulare meam.

Ingenii pretium, fructusque uberrimus ille est:

        Laudatis aliqua ex parte placere viris.

Haec Pandulphe mihi studiorum praemia duco

        Aeterna, interent caetera temporibus.

Ut lubet, expendant critici mea carmina: nil iam

        Censoris metuo triste supercilium.

Non tamen idcirco surgunt mihi vertice cristae,

        Nec lusitano de grege gallus ero (34)

 

Io faccio voti che qualche dotto portoghese prenda ad illustrare la vita di questo letterato, del quale poco dopo il principio del secolo XVI perdiamo ogni traccia, il che lascierebbe supporre che circa quel tempo o fosse mancato di vita, od avesse rimpatriato. Egli scrisse in morte di Codro un epitafio (35) che sarà più innanzi recato per intero (36).

 

  

 

APPENDICE XV

 

Versi latini e italiani in morte di Antonio Urceo

(Pag. 498-499)

 

……………………………………………………………………………………………..

Un altro amico di Codro, il portoghese Enrico Caiado, lasciò nel secondo libro de’ suoi epigrammi il seguente:

 

              “Epitaphium Codri Urcei

 

Siste viator, et haec carmina pauca lege.

Conditus hic Codrus notus ubique iacet;

Illius Aonides conticuere obitu,

Mutaque iamdudum lingua latina silet:

Argolicique sales in patriam redeunt

Heu nusquam est doctas cernere Pierides:

Interiere heu heu dulcia verba Remi:

Non audire iocos ulterius dabitur.

O sortem duram, o aspera fata hominum:

Nascimur heu vix, et iam morimur miseri.

Purpureis sacrum sparge rosis tumulum:

Quid iuvat has lacrimas funder? Vivit; abi (37) »

 

 

 ANNOTAZIONI:

 

(1) Non è preceduto da alcun titolo, e comincia colla lettera dedicatoria:

 

“ Sacratissimo Hemanueli primo Por

tugalliae Algarabiorumque citra et ultra

mare in Africa regi dominoque Guinee

servulus Henricus Caiadus ».

 

In fine:

 

“Impressit accurate Bononiae Justinia

nus de Ruberia .X. Kalendas augustas ».

 

Non trovandosi in questo opuscolo alcuna data posteriore al 27 giugno 1496, e leggendosi nella sottoscrizione quella del 23 luglio, crediamo che esso sia da attribuire all’ anno suddetto. L’opuscolo è in 8.º, di 60 pagine non numerate e in caratteri semigotici.

 

(2) Volumetto di 188 pagine non num., pure in 8.º, e che ha nel retto della prima carta:

 

“ AEGLOGAE ET SYL

    VAE ET EPIGRAM

       MATA HERMI

          CI « 

 

Nel verso dell’ultima troviamo questa sottoscrizione:

 

“IMPRESSIT Bononiae Benedictus Hecto

reus Bononiensis . VII, Kl. Martii M.D.I. „

 

Di questo ho potuto vedere un esemplare solo nella Palatina di Modena.

 

(3) II.ª ediz., a pag. 183.

 

(4) II.ª ediz., a pag. 177.

 

(5) II.ª ediz., a pag. 178.

 

(6) li.ª edi2., a pag. 7.

 

(7) II.ª ediz., a pag. 14.

 

(8) I.ª ediz., a pag. 11.

 

(9) II.ª ediz., a pag. 108.

 

(10) II.ª ediz., a pag. 118.

 

(11) II.ª ediz., a pag. 19 e 72.

 

(12) I.ª ediz., a pag. 21.

 

(13) II.ª ediz., a pag. 99, 100, 144 etc.

 

(14) II.ª ediz., a pag. 39. Vedi anche gli epigrammi ad Anton Galeazzo Bentivoglio, a pag. 136, 141, 148, 158, 159 e 180.

 

(15) II.ª ediz., Vedi a pag. 136, 139, 120, 123, 105, 185, 4, 20, 24, 187, 115, 115, 112, 113, 154, 183 e 186.

 

(16) II.ª ediz., a pag. 98.

 

(17) II.ª ediz., a pag. 133.

 

(18) II.ª ediz., a pag. 46.

 

(19) II.ª ediz., a pag. 149; 2, 161; 156;. 147, 157; 121, 146, 147,

160.

 

(20) II.ª ediz., a pag. 122.

 

(21) I.ª ediz., a pag. 15.

 

(22) I.ª ediz., a pag. 1, 2 e 3. Vedi anche la II.ª edizione, a pag. 5, 97 e 177.

 

(23) II.ª ediz., a pag. 7, 104, 132, 151; 3, 4, 134, 144, 149, 158; 110; 182; 178; 14; 113.

 

(24) Bononiae per lustinianum de Rubiera Anno  M. CCCCLXXXXVI die XV lunii - (in fol. mass.)

 

Henrici Caiadi Lusitani ad eundem (lectorem)

Qui cupit ambages legum, atque enigmata iuris » etc.

 

(25) Impressit Bononiae Iustinianus de Ruberia Anno… MCCCCXCVII (in fol. mass.)

 

« Henrici Caiadi lusitani epigramma

Exoptate ades tandem, lucemque revisis » etc.

 

(26) Impressit Bononie….  Ioannes lacobus regiensis… anno…M.CCCCXCVII (in fol. mass.)

 

“Henrici Caiadi Lusitani epig.

Ad Lectorem

Vir bene complevit librum, Barbatia, quando” etc.

 

(27) Impressit bononiae lustinianus de ruberia... M. CCCCLXXXXVIII (in fol. mass.)

 

“Enrici Caiadi Lusitani epigramma

Dogmata Pontificum: et romani iura Senatus” etc.

 

(28) Op. cit., a carte 18 verso non num. L’epigramma incomincia:

 

“Hermicus Catadus Lusitanus

Sparge rosas quocumque velis, Seraphinus in urna est” etc.

 

(29) I.ª ediz., a pag. 59.

 

(30) I.ª ediz., a pag. 59.

 

(31) II.ª ediz., a pag. 2.

 

(32) II.ª ediz., a pag. 4.

 

(33) II.ª ediz., a pag. 187.

 

(34) II.ª ediz., a pag. 149.

 

(35) II.ª ediz., a pag. 185.

 

(36) Vedi l'Appendice XV.

 

(37) Aeglogae et Sylvae et Epigrammata Hermici (Caiadi, Bologna 1501) edizione  citata; al retto della penultima carta.

 

 

 

DELLA VITA E DELLE OPERE DI ANTONIO URCEO DETTO CODRO, studi e ricerche di CARLO MALAGOLA

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