20-11-2019
La vita bugiarda degli adulti, de Elena Ferrante
| NOTA DE LEITURA 
		 
		Elena Ferrante pseudónimo de uma autora italiana que publicou já muitos 
		romances, entre os quais se salienta a quadrilogia “A amiga genial” 
		acaba de publicar um novo romance com o título, em português, de A 
		vida mentirosa dos adultos, que tem todo o aspecto de ser o primeiro 
		de uma nova série. 
		 
		 
		 
		 
		 
		 
		 
		
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5-11-2019
"La vita 
bugiarda degli adulti" di Elena Ferrante: la recensione in anteprima
Continua 
a non svelare la sua identità Elena Ferrante, ma fin dalle prime frasi de La vita bugiarda degli adulti, il suo nuovo, molto 
atteso romanzo in libreria dal 7 novembre per le edizioni e/o, ci riporta in 
quel mondo - parzialmente autobiografico o totalmente fittizio chi può dirlo - 
che libro dopo libro abbiamo imparato a considerare suo. Un incipit in cui c'è 
Napoli e c'è soprattutto il legame inscindibile, ambiguo, fatalmente carico di 
dolore, con chi ci ha generato: "Due anni prima di andarsene di casa mio padre 
disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, 
nell'appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al 
Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri".
Per la sfida letteraria più difficile, dopo 
che la quadrilogia de L'amica geniale l'ha fatta diventare 
la più misteriosa delle star letterarie internazionali (12 milioni di copie 
vendute nel mondo, traduzioni in cinquanta paesi, una serie tv di successo 
prodotta dall'americana Hbo con Rai, andata in onda nel 2018) il primo passo di 
Elena Ferrante in questa nuova storia sembra condurci in un territorio, se non 
familiare né amichevole, perlomeno noto. Di nuovo, come ne L'amica geniale, c'è una voce femminile che racconta in 
prima persona di sé appena adolescente (stavolta nella Napoli del Vomero). Di 
nuovo c'è l'immagine di uno spazio vuoto, scabro, difficile da decifrare, tra 
l'eta adulta e l'infanzia. Quel giudizio senza appello del padre sulla propria 
figlia, del resto, gira nella mente della scrittrice da molti anni; 
l'ispirazione è Madame Bovary, romanzo molto amato dalla Ferrante, in 
cui Emma pensa della figlia Berthe: "Strano, com'è brutta questa bambina!".
Poche pagine dopo questo inizio, però, per chi pensasse di aver di nuovo a che 
fare con un'Amica geniale (e quale poi delle due, Lila o Elena?), Ferrante 
comincia a mescolare le carte, in un gioco di inganni e autoinganni che dura 
fino alla parola fine. Nella Vita bugiarda degli adulti siamo sì a Napoli, ma non 
nell'estrema periferia, bensì in un appartamento piccolo borghese dove la 
dodicenne Giovanna vive con i genitori, entrambi professori di liceo: una casa 
piena di libri, una casa "di sinistra" di inizio anni Novanta, dove fino a quel 
momento la protagonista è stata l'amata, coccolata figlia unica a cui viene 
chiesto soltanto di andar bene a scuola, perché è lo studio, e soltanto lo 
studio, ad aver permesso ai suoi genitori, a suo padre soprattutto, di 
emanciparsi dal sottoproletariato.
Basta quella frase, origliata attraverso una 
porta lasciata aperta per sbaglio, ad aprile la prima faglia nell'innocenza 
dell'infanzia. Perché, scopriamo dopo, Il padre di Giovanna ha detto che lei è 
destinata a diventare non solo molto brutta, ma brutta come zia Vittoria, sua 
sorella. E chi è Vittoria? È la zitella che fa i servizi in casa dei "signori", 
quella che non si è emancipata e che con il fratello ha tagliato tutti i ponti, 
che vive ancora nella povera casa della Zona Industriale, amando un uomo non suo 
morto da anni. Giovanna, inevitabilmente, vorrà scoprire se è vero che il suo 
destino è la bruttezza - e quindi l'abiezione, l'amarezza e, ciò che è peggio di 
ogni altra cosa, la povertà - della zia Vittoria.
Da questo incontro, dalle bugie tra suo padre e 
sua zia, dalle verità parallele con cui entrambi hanno puntellato la propria 
vita, parte il viaggio sghembo di Giovanna verso l'età adulta. Così questa 
ragazza forse non bella ma dalla mente aguzza scopre che la Napoli borghese dei 
professori impegnati che vogliono scrivere sui giornali nasconde un'altra 
Napoli, sboccata e volgare, disperata e vitale di cui non le è mai stato detto 
nulla, come se solo sentirla nominare potesse contaminarla. Scopre che 
nonostante l'educazione sessuale il sesso non assomiglia a niente di ciò che 
poteva lontanamente immaginare. Scopre che gli adulti mentono, mentono tutti, 
soprattutto coloro che dicono di volerti bene. E che si tradiscono 
continuamente, senza aver il coraggio di lasciarsi del tutto e nemmeno quello di 
smettere di amarsi.
Scoprirà di 
essere, dall'inizio alla fine, "un garbuglio". La incontriamo a dodici anni, 
Giovanna, e la lasciamo, alla fine del romanzo, a sedici. Durante la sua 
adolescenza la sua famiglia si sfascia, e lei apprende che si può sopravvivere 
alle menzogne dei grandi imparando a mentire, ferendoli con le parole, cercando 
altre strade, tentando di innamorarsi dell'unico che sembra più intelligente, 
più puro, più affascinante del proprio padre.
Mentre ci pare di star seduti, come Giovanna, 
sul sedile posteriore di una scalcagnata Cinquecento che sobbalza tra la polvere 
delle periferie e l'aria tersa di Posillipo, in una storia che sembra 
assolutamente privata, Ferrante riesce a raccontare non solo il presente ma 
anche l’infanzia della protagonista e la giovinezza dei suoi genitori, la fine 
degli anni Settanta, le illusioni, le pose, i miti di quegli anni con la stessa 
lucidità con cui, nell'Amica Geniale, ci aveva portato negli anni del boom e poi 
nei decenni successivi.
Vediamo la 
Storia recente come dallo specchietto retrovisore, e intanto, inevitabilmente, 
ci scopriamo a cercarla, come si insegue un fantasma, nelle movenze d'un 
personaggio, nei gusti d'un altro, nell'espressione dialettale, o 
coscienziosamente italiana, di un altro ancora. E finiamo col chiederci, ancora 
una volta: chi è Elena Ferrante? sapendo che non c'è risposta, se non nella 
risata adolescente, come d'una ninfa o d'un folletto, che sembra risuonare alla 
fine di questo strano e bugiardo romanzo.
Autore: Riccardo De Palo
Testata: Il Messaggero
Data: 6 novembre 2019
«Non sono 
saggia, ma leggo molti romanzi» dice la protagonista del nuovo romanzo di Elena 
Ferrante, Giovanna detta Giannina, alle prese con gli inevitabili rovesci 
dell'adolescenza. «No, dico sul serio: invece che parole mie, mi vengono in 
mente frasi dei libri».
Nei romanzi 
si finisce per mettere frammenti di sé dentro tanti personaggi, così è l'amore 
dell'autrice per Madame Bovary di Flaubert ad emergere fin dalle prime pagine di 
La vita bugiarda degli adulti, da domani nelle librerie italiane. La 
protagonista (e io narrante) ascolta in casa una frase pronunciata sottovoce, e 
scopre con sgomento di essere considerata «molto brutta» dal padre. Non solo: la 
paragona all'odiata sorella, sua zia Vittoria. Difficile non pensare al 
personaggio di Flaubert che dice della figlia: «Strano, com'è brutta questa 
bambina». È proprio Elena Ferrante a ricordare (in Frantumaglia) come quel libro 
l'avesse tanto colpita, e come tendesse a indentificarsi nella piccola Berthe, e 
a vedere in Emma, piuttosto, la propria madre.
LA SVOLTA
È attraverso 
questo incauto aggettivo, così maldestro e definitivo, che la tredicenne 
comincia a interessarsi alla zia misteriosa, che le suscita un groviglio 
(Ferrante scriverebbe garbuglio) di sentimenti contrastanti, che 
l'accompagneranno fino ai sedici anni e all'ingresso nell'età adulta. La sua 
storia è soltanto il primo capitolo di una nuova saga? Forse. L'editore e\o non 
si sbilancia.
Il libro 
della scrittrice dall'identità misteriosa (o almeno, non ancora svelata del 
tutto) è un'educazione sentimentale (altro titolo flaubertiano) che passa 
attraverso le prove tipiche dell'adolescenza. L'attaccamento per la zia reietta, 
così popolana e diretta, sfocia nella ribellione, nel confronto aperto con i 
genitori borghesi. Sarà questo rapporto con una persona così diversa da lei, ad 
aprirle gli occhi sulle bugie degli adulti.
Questo 
romanzo lanciato con una scaltra operazione di marketing, inviato nottetempo a 
pochi giornalisti via email, con un file criptato, la password sussurrata con 
modi carbonari, mette in campo il meglio del repertorio di Elena Ferrante. Le 
istruzioni per l'uso accluse dall'editore forniscono anche il tempo di lettura 
consigliato: 5\6 ore. Così, si trascorre la notte con Elena Ferrante. Si scopre, 
fino all'alba, la solidarietà tra adolescenti, il senso dell'affetto tradito e 
del rimorso, il percorso accidentato che compone ogni vita. Non era facile 
raccontare l'adolescenza, periodo così denso di aspettative e di trasformazioni, 
senza incorrere nei luoghi comuni che - sempre Flaubert - volle raccogliere in 
un apposito Dizionario.
Questa notte 
in molte città italiane si terranno veglie in stile Harry Potter. Ci saranno 
eventi battezzati Ferrante Night a Torino (Circolo dei lettori, via Bogino 9), a 
Roma (Libreria AltroQuando, Via Del Governo Vecchio 82, e Feltrinelli, Largo 
Argentina), a Napoli (Feltrinelli, Piazza dei Martiri) e Milano (Feltrinelli, 
C.so Buenos Aires). Letture, proiezioni, con svelamento (e acquisto eventuale) 
del libro a mezzanotte.
Saranno 
appuntamenti molto affollati e non è difficile capire perché. In questo mondo 
letterario popolato di ego ipertrofici e prose elevatissime, è comparsa 
un'autrice che non vuole dire niente di sé. O meglio: che parla anche del 
proprio vissuto, ma lo fa soltanto attraverso la lente della narrativa, della 
fiction. Che fa, insomma, quello che dovrebbero fare gli scrittori. Non ci 
saranno interviste (a meno che proprio non sia proprio necessario), non ci 
saranno dibattiti col pubblico. Insomma, Elena Ferrante non sarà mai - per 
citare un lapidario titolo di Antonio Manzini - Lost in Presentation. Ed è 
questa la sua fortuna.
STORYTELLER
Se al 
mistero dell'identità sommiamo la capacità di raccontare storie con una prosa 
musicale ma disadorna, accessibile, il capriccio di confrontarsi prima di tutto 
con le fragilità e i paradossi dell'esistenza umana, la formula per la tempesta 
perfetta è servita. Per raccontare il primo innamoramento basta dire: «Com'erano 
belli e tremendi i suoi occhi chiari intagliati nel viso scuro, le dita lunghe, 
le labbra lucide». E per far scomparire le illusioni: «Non sai niente, Giannì, 
parli in italiano ma non sai niente. L'amore è opaco come i vetri delle finestre 
dei cessi». Napoli, molto citata, è il fondale naturale, ma resta sempre sullo 
sfondo. Ciò che importa sono i rapporti tra le persone: le famiglie che si 
sgretolano, i ragazzi che si innamorano, i parenti che si vendicano. 
Banalità? Forse, ma è la vita.
9 cose sul nuovo romanzo di Elena Ferrante
Oggi nelle librerie è arrivato La 
vita bugiarda degli adulti, 
il nuovo romanzo di Elena Ferrante, l’autrice della quadrilogia dell’Amica 
geniale di 
straordinario successo internazionale e la cui vera identità è ignota. Sui 
giornali se ne parla già perché alcuni giornalisti hanno potuto leggere il libro 
a partire dalla mezzanotte del 6 novembre. Abbiamo messo insieme quindi una 
serie di informazioni (senza fare spoiler, a meno che non consideriate spoiler 
qualche informazione sulla protagonista del romanzo, su quando è ambientata la 
storia e sulle cose di cui parla, in generale) utili a capire che tipo di libro 
è e soddisfare qualche prima curiosità.
Una premessa importante è che racconta una storia a sé: non serve aver letto 
altri romanzi di Elena Ferrante per capirlo e apprezzarlo. Si 
può comprare su IBS, 
ma anche sui siti delle librerie Feltrinelli, Mondadori e Hoepli; 
su Amazon è disponibile la 
versione ebook per 
i Kindle e la versione cartacea da 
venditori terzi. 
E poi fuori da Internet, ovviamente.
1. Dove è ambientato il romanzo
Sempre a Napoli, come era già stato anticipato, ma 
non in una zona popolare della città come nella quadrilogia dell’Amica 
geniale, 
bensì tra il Rione Alto e il Vomero, due quartieri residenziali borghesi. In 
particolare la protagonista vive in via San Giacomo dei Capri. 
Gli eventi raccontati si svolgono tra il 1991 e il 1995.
2. Chi è la protagonista
Come L’amica geniale, anche La vita bugiarda degli adulti è 
narrato in prima persona. La protagonista si chiama Giovanna Trada e all’inizio 
del romanzo ha 12 anni; alla fine ne ha 16. È figlia unica e sia suo padre che 
sua madre sono insegnanti al liceo, di storia e filosofia lui (Andrea), di 
latino e greco lei (Nella). Entrambi hanno studiato più dei propri familiari, 
migliorando il proprio tenore di vita rispetto a quello delle famiglie 
d’origine. Sono di sinistra, non hanno battezzato la figlia e l’hanno cresciuta 
con idee progressiste, per esempio spiegandole a sei anni come nascono i 
bambini. Nel corso del romanzo Giovanna verrà chiamata anche (non dai genitori) 
Giannina o Giannì.
3. Il titolo
La vita bugiarda degli adulti segue Giovanna in una serie di scoperte e 
dubbi su sé stessa e gli altri attraverso cui la ragazza trova un certo piacere 
nel mentire, oltre a una certa vergogna. Ma a mentire sono soprattutto gli 
adulti intorno a Giovanna, tutti in misura più o meno evidente.
4. La frase sul retro della copertina
A meno che non siate già passati per una libreria probabilmente avete visto solo 
la copertina del libro, e non il suo retro. C’è scritto: «Crescere per diventare 
cosa, per assomigliare a chi?». Come si può intuire anche dall’età della 
protagonista, La vita bugiarda degli adulti racconta una storia di 
formazione, come si dice. Nella sua recensione uscita ieri su Repubblica lo 
scrittore e drammaturgo Stefano Massini lo ha paragonato a L’educazione 
sentimentale di Gustave 
Flaubert: «Mi è parso un’Educazione sentimentale in cui il Moreau 
flaubertiano è declinato al femminile, e si affonda il bisturi fra le ipocrisie 
di una moderna borghesia intellettuale napoletana».
5. Tutta la storia comincia a causa di una zia
Il punto d’origine della storia di La 
vita bugiarda degli adulti è 
una conversazione tra il padre e la madre di Giovanna, che lei origlia: il padre 
dice una frase che lascia intendere a Giovanna, dodicenne, che lui la consideri 
brutta. L’avvenimento è probabilmente ispirato a quando Madame Bovary, 
protagonista dell’omonimo 
romanzo di 
Gustave Flaubert, di nuovo lui, pensa che la figlia Berthe sia brutta, ha notato 
Paolo Di Stefano nella sua 
recensione sul Corriere 
della sera: 
Ferrante aveva parlato della forza di quella scena in un articolo del 2005.
Per ragioni che si scoprono velocemente leggendo le prime pagine, il dolore di 
non sentirsi più apprezzata dal padre portano la protagonista a indagare su una 
zia che non conosce e con cui il padre ha un cattivo rapporto, zia Vittoria. La 
storia comincia appunto come un’indagine su questa zia, il suo aspetto, il suo 
carattere e il suo passato.
6. C’è un’amica geniale?
Una delle cose che sono state apprezzate dei romanzi 
dell’Amica 
geniale è 
la descrizione del rapporto di amicizia tra donne al centro del romanzo. Anche 
in La 
vita bugiarda degli adulti ci 
sono alcuni importanti legami, sebbene Giovanna non abbia con nessuna un 
rapporto stretto come quello tra Lenù e Lila. Le sue due amiche più importanti 
(si potrebbe dire anche le uniche) sono due sorelle figlie di amici dei 
genitori: Angela, sua coetanea, e Ida, due anni più giovane. In modo diverso 
dall’Amica 
geniale il 
rapporto di Giovanna con entrambe è importante e aggiunge sfumature diverse al 
tema dell’amicizia femminile.
7. Il braccialetto
Oltre alla zia Vittoria, un altro elemento che fa 
andare avanti la storia ed è al centro di una serie di svelamenti è un 
braccialetto prezioso. Dire altro sarebbe uno spoiler: vi basti sapere che 
bisogna fare attenzione ai braccialetti in questa storia.
8. La cosa che forse tutti si sono chiesti
Su qualche giornale è già stato detto: il finale di La 
vita bugiarda degli adulti, 
per quanto non del tutto sospeso, lascia pensare che ci sarà un seguito.
9. Come comincia
Il romanzo è lungo 336 pagine e inizia così:
Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto 
brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena 
sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo 
dei Capri. Tutto – gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, 
quelle parole – è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a 
scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre 
in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o 
sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in 
questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è 
soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.