22-05-2007

 

As navegações de Cadamosto

Madeira e Cabo Verde

 

Este é um dos textos mais antigos sobre os descobrimentos portugueses, pois refere-se a uma viagem iniciada no Algarve em 22 de Março de 1455 por Alvise da Ca' da Mosto, ou simplificando, Alvise Cadamosto (1428 – 1488), que veio para Portugal quase por acaso, como ele mesmo conta. O seu texto foi publicado aqui e ali, ao longo dos séculos, a primeira vez em

 

Paesi nouamente retrouati et Nouo Mondo da Alberico Vesputio florentino intitulato.

(Stampato in Vicentia : cum la impensa de Henrico Vicentino & diligente cura & industria de Zammaria suo fiol, 1507 a di III de nouembre).

Relazione di viaggi di Da Mosto, Colombo ed altri, curata da Fracanzio da Montalboddo.

 

A versão mais difundida foi a inserida em 1550 no primeiro de três volumes, publicados por Giovanni Battista Ramusio (1485 – 1557):

Primo volume delle nauigationi et viaggi nel qual si contiene la descrittione dell'Africa. Et del paese del prete Ianni, con uarii uiaggi, dal mar Rosso a Calicut, et insin all'isole Molucche, doue nascono le spettie. Et la nauigatione attorno al mondo. Li nomi de gli auttori, et le nauigationi, et i uiaggi piu particolarmente si mostrano nel foglio seguente.

In Venetia, nella Stamperia de Giunti, L’Anno 1563

Online: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58780b (pags. 278 a 307 do software)

 

Transcrevemos aqui apenas as descrições respeitantes à Madeira e a Cabo Verde, deixando de lado as Canárias e a Costa de África. A tradução portuguesa é a do Dr. Giuseppe Carlo Rossi, que foi publicada em Descobrimentos Portugueses - Documentos para a sua história, publicados e prefaciados por João Martins da Silva Marques, Professor da Fac. de Letras de Lisboa - Suplemento ao vol. I (1057-1460), Instituto para a Alta Cultura, Lisboa, 1944.

O livro de Cadamosto teria sido escrito por volta de 1464 ou 1465, depois do regresso de Cadamosto a Itália. Ao contrário de outros seus compatriotas, não ficou por cá.

Cadamosto escreve com certa prosápia, parecendo pura balela a afirmação de que ele e o parceiro que encontrou no mar, Antoniotto Usodimare, foram os primeiros a descobrir as ilhas do sotavento, em Cabo Verde. Sem trazer para aqui toda a discussão sobre o caso, acho mais credível que tenha sido o italiano Antonio Noli a descobri-las, juntamente com seu irmão Bartolomeo e o seu sobrinho Raffaele. Aliás, Antonio Noli foi nomeado Capitão-donatário da Ilha de Santiago, onde veio a falecer em 1496. Sucedeu-lhe sua filha Dona Branca de Aguiar, que excepcionalmente foi instituída por D. Manuel I donatária da ilha, na condição que escolhesse marido do agrado da Coroa.

 

Link:

 

História de Cabo Verde

 

 

 LA PRIMA NAVIGAZIONE             

 

di M. Alvise da Ca da Mosto             

 

Navigation Prima             

  

Trovandomi adunque io Aluise da ca'da Mosto nella nostra città di Venetia l’anno del Signore, MCCCCLIIII, essendo di età di circa anni venticinque, avendo navigato per alcune parti di questi nostri mari mediterranei, avea determinato di tornare in Fiandra, dove un’altra volta ero stato, e questo a fine di guadagnare, perché tutto il pensier mio era di esercitar la mia gioventù, travagliando per ogni via possibile, per acquistarmi facoltà, acciochè poi con la esperienza del mondo in età potessi pervenir a qualche perfezione di onore, e avendo deliberato di andarvi come ho detto, mi misi in punto con quelli pochi denari che mi trovavo, e montai sopra le galee nostre di Fiandra Capitano messer Marco Zen cavaliere, e così col nome di Dio partimmo di Venezia nel soprannominato millesimo adì otto d’Agosto, e navigammo per nostre giornate facendo le nostre scale ne luoghi consueti, finchè capitammo in Ispagna.

E ritrovandomi per i tempi contrari star con dette galee al Capo di San Vincenzo, che così vien chiamato, avenne per avventura non troppo lontano di quel luogo esservi alloggiato il prefato Signor Infante don Enrico in una villa vicina chiamata Reposera, nella qual per essere remota  dalli tumulti delle genti,  e atta alla contemplazione de gli studi suoi, vi abitava molto volentieri, e avendo notizia di noi, mandò alle nostre galee un suo secretario nominato Antonio Gonzales, e in sua compagnia un Patrizio di Conti,quale si dicea essere Veneziano, e Consolo desta nostra nazione nel detto regno di Portogallo, come mostrò esser vero per una lettera della nostra Signoria, con il sigillo pendente; il qual patrizio anch'ora lui era provvisionato dal presato Signor Infante; e vennero alle predette nostre galee per sua commissione, con alcune mostre de zuccheri della Isola di Madera, e di sangue di drago e altre cose cavate delli luoghi, e dell’Isole del presato Signore, le qual mostrate à più persone, essendo io presente, e dimandati da' nostri delle galee di diverse cose, dissero che questo Signore avea fatto abitare Isole nuovamente trovate, le quali mai per avanti erano state abitate, e in segno di questo mostravano li detti zuccheri e sangue di drago, e altre buone cose utili, e che questo era niente rispetto ad altre maggior cose che detto Signor faceva, dichiarandoci come da certo tempo in qua, aveva fatto navigar mari, che mai per altri furono navigati, e discoperte terre di diverse generazioni strane, fra le quali si trovano cose meravigliose, e che quelli che erano stati in quelle parti, avevano fatto fra quella nuova gente di grossi guadagni, perché di un soldo ne facevano sette e dieci.

E circa questo dissero tante e tante cose, che mi fecero fra gli altri assai meravigliare, anzi mi fecero crescere un desiderio di volergli andare; e domandando se il presato Signore lasceria andar cadauno che vi volesse navigare, risposono di si, facendo l’una delle due condizioni, quello che vi voleva andare, cioè che armasse la caravella a sue spese, e mettervi la mercanzia, e poi di ritorno saria obbligato a pagar per diritto e costume al presato Signore il quarto d’ogni cosa ch’egli riportasse, e le altre parti fossero sue, ò che veramente il detto Signore armaria lui la caravella à chi volesse andarvi à tutte sue spese, solamente quello vi mettesse la mercanzia e poi al ritorno partissero per metà tutto quello che si traesse di detti luoghi , e che in caso che non si traesse alcuna cosa, che la spesa fosse fatta à suo danno; e questo dichiarò che non si poteva tornare se non con gran guadagno e che se alcuno della nostra nazione vi voleva andare, che il predetto Signore l’averia gratissimo e fariali gran favore, perché lui presumeva che nelle dette parti si scopririano speciarie e altre buone cose, e sapeva che li Veneziani ne erano più conoscitori che alcun’ altra nazione.

Udito questo,  terminai di andare con li sopradetti à parlare al detto Signore; e così feci, qual brevemente mi confermò tutto quello che mi avevano detto esser vero, e molto più, promettendo di farmi onore e utile se volesse andarvi. Io veramente inteso il tutto, vedendomi giovane e ben disposto à sostenere ogni fatica, desideroso di veder del mondo, e cose che mai alcun della nazion nostra non avea veduto, sperando etiam di doverne conseguire honore e utile, deliberai al tutto di andarvi. E informatomi delle mercanzie e cose che vi erano necessarie, venni alla galea, dove consegnate tutte le cose che avea per ponente ad un mio parente, comperai sopra dette galee quelle che mi parvon esser necessarie per il mio viaggio, e così dismontai in terra e le galee seguirono il suo viaggio per Fiandra.

 

               Come messer Alvise rimasto al Capo di San Vincenzo, l’anno seguente si partì per Ia Canarie.             

 

Essendo io rimaso al Capo di San Vincenzo, il detto signor Infante mostrò aver gran piacere, e mi fece festa assai: e dappoi molti e molti giorni mi fece armare una caravella nuova, di portata di circa botte novanta, della quale era padrone uno Vincente Dies, natural di Lagus che è uno luogo appresso il Capo San Vincenzo a miglia sedici: e fornita di tutte le cose necessarie, col nome di Dio, e in buona ventura, partimmo dal sopraddetto Capo San Vincenzo a' di 22 marzo 1455, con vento da greco e tramontana in poppa, drizzando il nostro cammino verso ‘Isola di Madera, andando alla quarta di garbin verso ponente à via dritta.     

Alli venticinque del detto mese giungemmo all’Isola di Porto Santo, circa mezzo-giorno, che è lontana da detto Capo San Vincenzo miglia seicento in circa. 

 

            Dell’Isola di Porto Santo dove arrivò.      

 

Quest’Isola di Porto Santo é molto piccola, volge circa miglia quindici, trovata da ventisette anni in qua dalle caravelle del sopraddetto signore Infante: ed egli l‘ha fatta abitare da Portogallesi; chè mai per avanti tu abitata. È governatore di quella un Bartolommeo Pollastrello, uomo del detto signore.      Questa isola raccoglie formento e biava per suo uso; ed è abbondante di carne di bovi, porci salvatichi, e d’infiniti conigli: e in quella vi si truova anchora sangue di drago, il qual nasce da alcuni arbori, cioè gomma che fruttan detti arbori certo tempo dell’anno; e tirasi in questo modo: dànno alcuna botta di mannara al piè dell’arbore; e l’anno seguente, a certo tempo, le dette tagliature buttano gomma, la quale cuocono, e purganla, e fassi sangue. E il detto arbore produce un certo frutto che nel mese di Marzo è maturo, e bonissimo da mangiare, a símilitudine di ceriege, ma è giallo. E nota che attorno di detta isola vi si truovano gran pescherie di dentali e orade vecchie, e altri buoni pesci. Questa isola non ha porto; ma ha buon staggio, coperto da tutti i venti, salvo che da levante e scirocco, e da ostro e scirocco; chè con tali venti non si staria ben securi. Ma checchè si sia, ha buon tenitore. Questa isola é chiamata Porto Santo, perché fu trovata da’ Portogallesi il giorno d’Ognissanti: e fassi il miglior mele che credo che sia al mondo, e cera; ma non per gran somma.

           

 Del porto dell’Isola di Madera, e delle cose che ivi nascono.

 

             Dappoi a' di 28 Marzo partimmo dalla detta isola, e in quel medesimo giorno giungemmo a Moncrico, che è uno de’ porti dell’Isola di Madera, la quale è distante da quella di Porto Santo miglia quaranta; e vedesi, con tempo chiaro, l‘una dall’altra. Questa Isola di Madera ha fatto abitare il presato signore da’ Portogallesi pur da venti quattro anni in qua, la quale mai par avanti fu abitata: e ha fatto governatori di quella due suoi cavalieri, de’ quali uno ha nome Tristan Tessera; e costui tiene la metà dell’Isola dalla parte di Moncrico: e l’altro, nominato Zuangonzales Zarco, tien l’altra metà dalla parte del Fonzal. E chiamasi l‘Isola di Madera, che vuol dire Isola de’legnami, perchè quando prima fu trovata per quelli del detto signore, non vi era un palmo di terra, che tutta non fosse piena di arbori grandissimi; e fu necessario alli primi  che la volsero abitare, darli il fuoco, il quale andò ardendo per l‘isola un buon tempo. È fu si grande il primo fuoco, che mi fu detto che al sopraddetto Zuangonzales, che ivi si trovava, fu necessario, lui e tutti gli altri con le mogliere e’figliuoli, fuggir dalla furia, e ridursi all’acqua in mare, dove stettero in essa fin alla gola per circa due giorni e due notti, senza mangiare nè bere; chè altramente sariano morti. Così spazzarono gran parte di detto legname, facendo terra da lavorare.     

Questa isola é abitata da quattro parti: la prima si chiama Moncrico; la seconda, Santa-Croce; la terza, il Fonzal; la quarta Camera di Lupi. E benché l’abbia altre abitazioni,  queste sono però le principali; e potrebbe far circa uomini ottocento, fra li quali ne saranno cento a cavallo L’isola volge miglia cento e quaranta:non ha porto alcuno serrato, ma ha buoni staggi, e ha paese fruttuosissimo e abbondante. 

E posto che la sia montuosa come la Cicilia (Sicilia), nientedimeno è fertilissima: raccoglie ogni anno staja trentamila veneziani di formento, e quando più e quando meno. I terreni suoi solevano rendere, ai principio, sessanta per uno; e al presente è ridotta a trenta e quaranta, perché li terreni si vanno frustando alla giornata, e il paese è copioso d’acqua di fontane gentilissime.  Et ha circa otto fiumicelli molto grandi, che traversano la detta isola, sopra li quali sano fatte alcune seghe che continuamente lavorano legnami e tavole di molte sorti, di che si fornisce tutto Portogallo e altri luoghi. Delle qual tavole, di due sorti ne faccio conto: l‘una è di cedro, che ha grande odore, ed è simile al cipresso, e fannosi bellissime tavole larghe e lunghe, e casse e altri lavori; l‘altra sorte è di nasso, che anche sono bellissime e di color di rosa  rossa. E, per esser bagnata di molte acque, il sopraddetto signore, ha fatto mettere in questa isola molte cannemele, le quali han fatto gran pruova; e fansi zuccheri per somma di cantara quattrocento di una cotta e di mistura: e, per quello che posso intendere, se ne farà con tempo maggior somma, per esser paese molto conveniente a tal cosa, per l’aere caldo e temperato: ché mai non vi fa freddo da conto, come in Cipri e in Cicilia: e fannosigli di molte confezioni bianche, che sono in tutta perfezione.     

Produce cera e mele, ma non in quantità: vi nascono vini assai bonissimi, secondo l’abitazion nuova; e sono tanti, che bastano per quelli dell’isola, e se ne navicano ancora fuori assai. Fra le cui vite il detto signor fece mettere piante, ovvero rasoli, di malvasie, che mandò a torre in Candia, quali riuscirono molto bene, e per essere il paese tanto grasso e buono, le viti producono quasi più uva, che foglie: e li graspi sono grandissimi, di lunghezza di due palmi e di tre, e ardisco a dire anco di quattro; ch’è la  più bella cosa del mondo da vedere. Sonovi eziandio uve nere di pergola senza ciollo,  in tutta perfezione. E fansi in detta isola archi di nasso bellissimi e buoni, e navigasene in ponente; e anco bellissimi fusti da balestra e fusti da teniere. Trovansi in quella pavoni salvatichi, fra li quali ve ne sono di bianchi, e pernici; Né altre salvaticine hanno, salvo quaglie, e copia di porci salvatichi alle montagne. E dico aver inteso da uomini di quella isola degni di fede, che nel principio vi si trovava grandissima copia di colombi, e ancora ve n’é, alli quali andavano a caccia con un certo lacciuolo che li mettevan con una mazzetta, qual pigliava il colombo per il collo, e tiravalo giuso dall’arbore; e il colombo non conosceva che cosa fosse l’uomo, nè erano usati ad essere spaventati: e puossi credere, perché in un’altra isola nuovamente trovata ho udito essere stata fatto il simile. È abbondante la detta isola di carne: e sono in quella molti ricchi uomini, secondo il paese; perché la è tutta un giardino, e tutto quello che vi si raccoglie é oro.     

In questa isola vi sono monasteri di frati minori di osservanza; e sono uomini di santa vita. E ho udito dire da uomini da bene e degni di fede, aver visto in questa isola, per la temperie dell’aere, agresto e uva matura la settimana santa, over per tutta l’ottava di Pasqua.

 

 

PRIMEIRA NAVEGAÇÃO

 (1455)

de Luis de Cadamosto 

 

I.- Como Messer Luis, saído de Veneza para Flandres, pára no Cabo de S. Vicente.

 

Achando-me, portanto, eu, Luís de Cadamosto, na nossa cidade de Veneza, no ano do Senhor de 1454, com vinte e dois anos de idade, tendo navegado por algumas partes destes nossos mares mediterrâneos, tinha resolvido voltar a Flandres, onde de outra vez já estivera. Tinha em mira ganhar, pois que todo o meu pensamento era exercitar a minha mocidade, trabalhando por todas as maneiras possíveis para adquirir meios, com que depois, com a experiência do mundo, e em idade, pudesse chegar a alguma perfeição de honra. Resolvido a ir lá, como disse, pus-me em ordem com o pouco dinheiro que pude haver, e embarquei nas nossas galés de Flandres, de que era capitão messer Marco Zeno, cavaleiro; e assim, em nome de Deus, saímos de Veneza no dito ano, aos oito de Agosto, e navegámos por nossas jornadas, fazendo escalas nos lugares de costume, até que nos encontrámos na Península Hispânica.

E encontrando-me, pelo tempo contrário, com as ditas galés no Cabo de S. Vicente, assim chamado, deu-se o caso de não muito longe dele estar o referido senhor Infante D. Henrique, numa povoação vizinha chamada Raposeira, que, por afastada do tumulto das gentes e apta para a contemplação dos seus estudos, habitava de muito boa vontade. Como houvesse notícia de nós, enviou às galés um seu secretário, chamado Antão Gonçaíves, e com ele um Patrício de Conti, que se dizia veneziano, e cônsul da nossa nação no dito reino de Portugal — como mostrou ser verdade por uma carta da nossa Senhoria, com o selo pendente — e que também era estipendiado pelo mesmo senhor Infante. Por sua ordem vieram às nossas galés com umas amostras de açúcares da ilha da Madeira, de sangue de drago e de outras coisas trazidas dos lugares e ilhas do dito senhor, e mostradas estas coisas a muitas pessoas, na minha presença, e interrogado pelos nossos das galés acerca de várias coisas, disse ele que este senhor tinha mandado habitar ilhas recentemente descobertas, que nunca antes tinham sido habitadas (e como prova mostravam os ditos açúcares, sangue de drago, e outras coisas boas e úteis); e que isto era nada em comparação com outras maiores que o dito senhor fazia. Disse-nos que, de certo tempo para cá, tinha mandado navegar por mares jamais navegados de outros, e descoberto terras de diversas gerações estranhas, onde se encontram coisas maravilhosas; e que os que lá tinham estado tinham feito com essa gente nova avultados lucros, pois que com um soldo ganhavam sete e dez.

E sobre isto disseram tantas e tantas coisas que me fizeram, como aos outros, maravilhar muito e aumentar o desejo de lá ir. Perguntei se o dito senhor deixaria navegar quem quisesse e responderam-me que sim, satisfazendo a uma das duas condições aquele que lá quisesse ir: que armasse à sua custa a caravela, e nela pusesse a mercancia, e depois, à volta, seria obrigado a pagar, ao dito senhor, por direito e costume, o quarto de tudo o que trouxesse, e as outras partes seriam suas; ou que, se o dito senhor armasse sua custa a caravela por quem quisesse lá ir e este só pusesse a mercancia, depois, à volta, dividir-se-ia ao meio tudo o que se tirasse daqueles lugares, e se nada se trouxesse, a despesa seria toda de conta do dito senhor. Disseram-me ainda que não se poderia voltar senão com grande ganho: e que se alguém do nosso povo quisesse lá ir, o dito senhor tomava isto de muito boa vontade, e lhe faria grande mercê; pois que ele supunha que nos ditos lugares se descobririam especiarias e mais coisas boas, do que sabia que os venezianos eram conhecedores mais que nenhum outro povo.

Ouvido isto, resolvi ir com eles e falar ao dito senhor, e assim e fiz. Em poucas palavras me confirmou ele ser verdade tudo o que me tinham dito, e muito mais, e prometeu fazer-me honra e proveito se eu quisesse lá ir. Ouvido, pois, tudo isto, vendo-me novo e bem disposto para sofrer qualquer fadiga, desejoso de ver mundo e coisas que ninguém da nossa nação tinha visto, e esperando, além disto, conseguir daí honra e utilidade, resolvi firmemente ir lá. Alcancei noticias acerca das mercadorias e coisas que para isto eram precisas e, voltando à galé, onde entreguei a um meu parente todas as coisas que tinha para poente, e comprei as que me pareceu serem necessárias para a minha viagem. Assim desembarquei, e as galés continuaram a sua viagem para Flandres.

 

II. - - Como Messer Luis ficou no Cabo de S. Vicente e no ano seguinte partiu para as Canárias.

 

Como ficasse no Cabo de S. Vicente, o dito senhor Infante mostrou ter grande prazer, e festejou-me muito; e depois de muitos e muitos dias, fez-se armar uma caravela nova, de lote dumas quarenta e cinco toneladas, da qual era patrão um Vicente Dias, natural de Lagos, que é uma terra a dezasseis milhas do Cabo de S. Vicente. Fornecida de todas as coisas necessárias, em nome de Deus, e à boa ventura, partimos do sobredito Cabo de S. Vicente aos vinte e dois de Março de 1455, com vento nor--nordeste em popa, dirigindo o nosso rumo para a ilha da Madeira, pelo sudoeste quarta a oeste, em linha recta.

Aos vinte e cinco do dito mês, pelo meio dia, chegámos à ilha de Porto Santo, que dista do dito Cabo de S. Vicente umas seiscentas milhas.

 

III.-Da Ilha de Porto Santo onde aportou.

 

Esta Ilha de Porto Santo é muito pequena, tem umas quinze milhas de circuito e foi descoberta há vinte e sete anos pelas caravelas do sobredito senhor Infante, que a fez habitar por Portugueses. Nunca dantes fora habitada. É capitão dela um Bartolomeu Perestrelo, homem do dito senhor.

Produz trigo e cevada para seu consumo; e abunda de carne de bois, porcos selvagens, e infinitos coelhos. Encontra-se ai também sangue de drago, que nasce em algumas árvores, isto é, goma que dão estas árvores em certo tempo do ano. Extrai--se desta maneira: dão-se uns golpes de cutelo no pé da árvore; e no ano seguinte, em certo tempo, os ditos cortes deitam goma, que cosem e purificam, e se faz o sangue. A dita árvore produz certo fruto que está maduro no mês de Março, e é muito bom para comer; assemelha-se às cerejas, mas é amarelo. Note-se que em volta desta ilha se acham grandes pescarias de dentais e doiradas velhas, e outros bons peixes. Esta ilha não tem porto, mas apenas uma boa enseada, ao abrigo de todos os ventos, excepto do les-sueste e su-sueste, pois com estes ventos não se estaria em segurança. Seja, porém, como for, tem bom ancoradoiro. Esta ilha é chamada Porto Santo, porque foi descoberta pelos portugueses no dia de Todos os Santos; e nela há o melhor mel que suponho exista no mundo, e cera; mas não em grande quantidade.

 

IV.-— Do porto da Ilha da Madeira, e das coisas que ai se produzem.

 

Depois, aos ‘vinte e oito de Março, partimos da dita ilha e naquele mesmo dia chegámos a Machico, que é um dos portos da ilha da Madeira, distante da de Porto Santo quarenta milhas. Vêem-se com tempo claro uma da outra. Esta ilha da Madeira mandou-a o dito senhor habitar pelos portugueses só de há vinte e quatro anos para cá, e nunca foi dantes habitada. Fez capitães dela dois seus cavaleiros, um dos quais chamado Tristão Teixeira, que governa a metade da ilha da parte de Machico; e o outro, chamado João Gonçalves Zarco, a outra metade, da parte do Funchal. Chama-se a ilha da Madeira, que quer dizer ilha dos lenhos, porque quando primeiramente foi descoberta pelos do dito senhor, não havia palmo de terra que não estivesse cheio de grandíssimas arvores, e tiveram os primeiros que a quiseram habitar de lhes deitar fogo. Este foi lavrando pela ilha, durante muito tempo, e tão grande foi, que me disseram que ao sobredito João Gonçalves, que aí se encontrava, foi preciso ele e todos os outros com as mulheres e os filhos, fugir da sua fúria e acolher-se à agua, no mar, onde estiveram mergulhados até à garganta dois dias e duas noites, sem comer nem beber, pois que de outra maneira teriam morrido. Desta maneira varreram grande parte da dita madeira, fazendo terra de lavoura.

Esta ilha é habitada em quatro partes: a primeira chama-se Machico, a segunda, Santa Cruz, a terceira, Funchal, e a quarta, Câmara de Lobos; e ainda que tenha outras povoações, estas são as principais. Poderá ter uns oitocentos homens, entre os quais cem de cavalo; tem cento e quarenta milhas de circuito, sem ter nenhum porto fechado, mas com bons ancoradoiros, e terras muito frutíferas e abundantes.

E ainda que seja montuosa como a Sicília, contudo é muitíssimo fértil, pois produz cada ano trinta mil estares venezianos de trigo, ora mais ora menos. As suas terras costumavam dar, a princípio, sessenta por um, o que presentemente está reduzido a trinta e quarenta, porque se vão deteriorando dia a dia. E o pais é copioso de água de fontes muitíssimo boas, e tem uns oito regatos muito grandes, que atravessam a dita ilha, e sobre os quais estão construídas umas oficinas de serrar que continuamente trabalham madeiras e tábuas de muitas maneiras, de que se provê Portugal inteiro e outros países. Destas tábuas, menciono dois géneros: o primeiro é de cedro, que tem grande cheiro, e é parecido com o cipreste, e fazem-se belíssimas pranchas, largas e compridas, caixas e outros trabalhos; o segundo é de teixo, também muito bonito e de cor róseo-encarnada. E por ser banhada por muitas águas, o dito senhor mandou pôr nesta ilha muitas canas de açúcar, que deram muito boa prova. Fazem-se açúcares para quatrocentos cântaros, de uma cosedura e de mistura; e, pelo que posso perceber, far-se-á deles maior quantidade com o tempo, por ser terra muito própria para isto, pelos seus ares quentes e temperados, pois que nunca faz frio, como em Chipre e na Sicília. Aí se fazem muitos doces brancos, perfeitíssimos.

Produz cera e mel, mas não em grande quantidade; tem vinhos bons, mesmo muitíssimo bons, se se considerar que a ilha é habitada há pouco tempo. São em tanta quantidade, que chegam para os da ilha e se exportam muitos deles. Entre as videiras, o dito senhor mandou pôr plantas ou moitas de malvasias, que mandou vir de Cândia, e que provaram muito bem; e por ser o país tão gordo e bom, as videiras quase produzem mais uvas do que folhas e os cachos são muito grandes, de dois e três, e atrevo-me até a dizer, de quatro palmos, o que é a coisa mais bela de ver no mundo. Há também uvas pretas de parreira, sem grainha, perfeitas. Fazem-se na dita ilha arcos belíssímos, e muito bons, de teixo, e enviam-se para Ocidente; e também hastes muito boas para bestas. Acham-se nela pavões bravos, alguns dos quais brancos, e perdizes; e não há outra caça, a não ser codornizes, e abundância de porcos bravos nos montes. E digo, por ter ouvido a alguns da ilha, dignos de crédito, que no principio havia grande quantidade de pombos, e ainda há, os quais se caçavam com um certo laço que lhes deitavam com uma cana, que apanhava o pombo pelo pescoço e o puxava abaixo da árvore. Como o pombo não conhecia o homem, não se espantava; e pode-se acreditar, pois que numa outra ilha descoberta há pouco ouvi que se fez o mesmo. A dita ilha é abundante de carnes; e há nela muitos homens ricos, em relação ao pais, pois que ela é toda um jardim e tudo o que nela se aproveita é ouro.

Há nesta ilha conventos de frades menores da observância, que são homens de santa vida. E ouvi dizer por pessoas de bem e dignas de crédito terem visto nesta ilha, por causa da temperança do ar, agraço e uvas maduras na semana santa, ou por toda a oitava da Páscoa.

 

 

 

 

 

 

Come messer Alvise trovò messer Antoniotto Usodimare, gentiluomo Genovese con due caravelle e andò in lor conserva a passar il Capo Verde

  

Come ho predetto, ebbi causa di stare in questi paesi del signore Budomel alcuni giorni, per vedere, comprare e intendere più cose. Dove essendo spazzato e avendo avuto certa somma di teste di schiavi, determinai di andar piú oltra e passar Capo Verde, e andar a discoprire paesi nuovi e provar mia ventura, conciossiacosachè, avanti il mio partir di Portogallo, io aveva inteso dal signore infante, come quella persona che di tempo in tempo era avvisata delle cose di questi paesi di Negro; e fra le altre informazioni che esso avea, era che non molto lontano da questo primo regno di Senega, nel quale raccontavano i Negri che venivano condotti in Spagna trovarsi somma d’oro grande, e che li cristiani che ivi andassimo sariano ricchi. Onde io, mosso dal desiderio di trovar questo oro, e anche per veder diverse cose, spazzato da Budomel mi ridussi alla caravella

E faccendomi presto alla vela per partirmi da quella costa, ecco che una mattina apparsero due vele in mare, le quali avendo lor vista di noi e noi di loro, sapendo che non potevano essere salvo che cristiani, venimmo a parlamento; e inteso uno de’ detto navili esser d’Antoniotto Usodimare, gentiluomo genovese, l’altro d’alcuni scudieri del presto signore infante, quali d’accordo avevan fatto  conserva per passar il detto Capo Verde e provar sua ventura e discoprir cose nove, trovandomi ancora io di quel medesimo proposito, mi posi in conserva loro. E di uno volere tutte tre caravelle drizzammo il nostro cammino verso il detto capo, pure alla via d’ostro per la costa, sempre alla vista di terra, onde il giorno seguente con vento prospero avemmo vista del detto capo, il quale è distante dal luogo dov’io mi parti’ circa miglia trenta de’ nostri italiani.

 

Capo Verde, perché è così detto, di tre isolette scoperte e della costa del detto Capo Verde

 

Questo Capo Verde si chiama cosí perché i primi che ‘l trovarono, che furono Portogallesi, circa uno anno avanti ch’io fussi a quelle parti, trovarono tutto verde di arbori grandi, che continuamente stanno verdi tutto il tempo dell’anno. E per questa causa li fu messo nome Capo Verde, cosi come Capo Bianco, quello che noi abbiamo parlato per avanti, qual fu trovato tutto arenoso e bianco. Questo Capo Verde è molto bel capo e alto di terreno, e ha sopra la punta due lombade, cioè duoi monticelli, e mettesi molto fuori in mare. E sopra il detto capo e a torno d’esso sono molte abitazioni de villani negri e case di paglia, tutte appresso la marina e a vista di quelli che passano: e sono questi Negri anche del predetto regno di Senega.

E sopra il detto capo sono alcune secche, che escono fuori in mar forse un mezzo miglio; e passato il detto capo trovammo tre isolette piccole, non troppo lontane da terra, disabitate ed copiose d’arbori tutti verdi e grandi. E avendo bisogno d’acqua, metemmo ancora ad una d’esse, quale ne parse piu grande e più fruttifera, per vedere se vi trovavamo qualche fontana: e dismontai non trovammo salvo in un luogo che pareva sorgere un poco d’acqua, il che non ci poté dare alcun sussidio. E in questa isola trovammo molti nidi e uova di diversi uccelli per noi non conosciuti; dove stemmo tutto quel di pescando con lenze e ami grossi, e pigliammo infiniti pesci, e fra gli altri dentali e orate vecchie grandissime, di peso di libre dodici in quindici l’una. E fu questo nel mese di Giugno.

Dappoi il giorno seguente, partimmo faccendo vela e seguendo il nostro viaggio, navigando sempre a vista di terra. Notando che oltra il detto Capo Verde si mette un golfo dentro, e la costa è tutta terra bassa, copiosa di bellissimi e grandissimi arbori verdi, che mai non perdono foglia tutto l’anno, cioè che mai non si seccano come le nostre di qua, ma prima nasce una foglia avanti che gettino l’altra; e vansene questi arbori fina su la spiaggia ad un trarre di balestra, che pare che beano sul mare, ch’è una bellissima cosa da vedere. E, secondo me, che pur ho navigate in molti luoghi in levante e in poente, mai non vidi la più bella costa di quel che mi parse questa, la quale è tutta bagnata da molte riviere e fiumi piccoli, non da conto, perché in quelli non potriano entrare navili grossi […]

 

 

 

LA SECONDA NAVIGAZIONE

 

Come furono li primi che scoprirono l’isole di Capo Verde, a due delle quali posero nome Bona Vista e de San Iacobo

 

Della condizione di questo paese di Gambra, quanto per quello che potei vedere e intendere in questo mio primo viaggio, poco o niente si può dire specialmente di veduta, perché, come avete inteso, per esser le genti delle marine aspere e selvatiche, non potemmo con loro aver lingua in terra né trattar cosa alcuna. Poi fummo sforzati di tornare in Ispagna né passar più avanti, perché, come disopra abbiam detto, li nostri marinari non ci volsero seguire.

 Onde l’anno seguente il predetto gentiluomo genovese e io, d’accordo un’altra volta, armammo due caravelle per voler cercar questa fiumana. E avendo sentito il predominato signor infante (senza licenza del quale non potevamo andare) che noi avevamo fatta questa deliberazione, molto li piacque e volse armar una sua caravella  che venisse in nostra compagnia. Di che fattone presto d’ogni cosa necessaria, partimmo dal luogo chiamato Lagus, ch’è appresso il Capo San Vincenzo, bel principio del mese di maggio con vento prospero, e tenimmo la volta delle Canarie e in pochi giorni vi giungemmo. E secondandone il tempo, non curammo di toccar le dette isole, ma navigammo tuttavia per ostro al nostro viaggio, e con la seconda dell’acque, che grandemente tiravano giuso al garbin, scorremmo molto. Ultimamente pervenimmo al Capo Bianco, e avendo vista d’esso si slargammo un poco in mare; e la notte seguente ne assaltò un temporale da garbin con vento forzevole, onde per non tornar indietro tenemmo la volta di ponente e maestro, salvo il vero, per parare e costeggiare il tempo due notti e tre giorni.

Il terzo giorno avemmo vista di terra, e gridando tutti “terra, terra”, molto si meravigliammo, perché non sapevamo ch’a quella parte fosse terra alcuna. E mandando duoi uomini d’alto discoprirono due grandi isole, il che essendone notificato,  rendemmo grazie al nostro Signore Iddio, che ne conduceva a vedere cose nuove, perché sapevamo bene che di queste tal isole in Ispagna non s’aveva alcuna notizia. E giudicando noi quelle poter essere abitate, per intender più cose e per provar nostra ventura, tenemmo la volta d’una d’esse, e in breve tempo li fummo propinqui.

E giungendo ad essa, parendone grande, la scorremmo un pezzo a vista di terra, tanto che pervenimmo ad un luogo dove pareva che fosse buon stazio, e lí metemmo ancora. E abbonacciato il tempo, butammo la barca fuora e quella ben armata mandammo in terra, per veder se ‘l v’era persona alcuna o vestigio d’abitazione; quali andarono e cercarono molto, e non trovarono strade né signale alcuno, per il quale si potesse comprendere che in essa fossero abitanti.

E avuta da loro questa relazione, la mattina seguente per chiarir un tutto l’animo mio mandai dieci uomini ben in punto d’arme e balestre, che dovessino montar la detta isola da una parte, dove l’era montuosa e alta, per veder se trovavano cosa alcuna o se vedevano altre isole; per il che andarono e non trovarono altro se non che l’era disabitata, e v’era grandissima copia di colombi, li quali si lasciavano pigliar con la mano, non conoscendo quel che fosse l’uomo: e di quelli molti ne portarono alla caravella, che con bastoni e mazze avevano preso. E nell’altura ebbono vista di tre altre isole grandi, delle quali non ci avvedemmo che l'una ne rimaneva sottovento dalla parte di tramontana, e le altre due erano in dromo dell’altra alla via d’ostro, pur al nostro cammino, e tutte a vista l’una dell’altra (Sal, a nord di Boavista e Maio e Santiago, a sud). Ancora li parse di vedere dall’altra parte di ponente molto in mare a modo dell’altre isole, ma non si descernevano bene per la distanza; alle quali non mi curai di andare, si per non perdere tempo e seguir il mio viaggio, come perch’io giudicava che fossino disabitate e selvatiche come eran quest’altre. Ma dipoi, alla fama di queste quattro isole ch’io aveva trovato, altri capitando quivi le furono a discoprire, e trovarono quelle esser dieci isole fra grandi e piccole, disabitate, non trovando in esse altro che colombi e uccelli di strane sorti e gran pescagion  de pesci.

Ma, tornando al mio proposito, ne partimmo di questa isola e, seguendo il nostro cammino, venimmo a vista delle altre due isole. Onde, scorrendo la staria d’una d’esse, che ne pareva copiosa d’arbori, discoprimmo la bocca d’un fiume che usciva di questa isola, e giudicando  la fosse buon’acqua sorgemmo per fornirsi; e dismontai alcuni dei miei in terra, andarono al primo luogo di questo fiume su per la riva, e trovarono lagune piccole di sale bianchissimo e bello, del quale ne portarono al naviglio in gran quantità; e di questo prendemmo quanto ne parse, e così trovando l’acqua bonissima ne togliemmo. Dichiarando che qui trovammo gran quantità di biscie scudellare, o sian gaiandre, a nostro modo, delle quali ne prendemmo alcune, la coperta delle quali era maggiore che buone targhe. E quelli marinari le ammazzarono e fecero più vivande, dicendo che altre volte ne avevano mangiato nel Golfo d’Argin, dove eziam se ne trovava, ma non così grandi. E dico che ancora io per provar più cose ne mangiai, e mi parsero buone, non meno quasi come d’una carne bianca di vitello, si buon odore e sapore rendevan; per modo che ne salarono molte, che in parte ne furono buona munizione sul viaggio. Ancora pescammo sulla bocca di questo fiume e di dentro, dove trovammo tanta quantità di pesce che gli è incredibile dirlo, delli quali molti d’essi non avevamo mai veduti, ma grandi e di buon gusto. La fiumara era grande, che largamente vi potria entrar dentro un naviglio di botte centocinquanta cargo, ed era larga un buon tirar d’arco. Qui stemmo due giorni a solazzo e ci fornimmo delli rinfrescamenti antedetti, con molti colombi che ammazzammo senza numero, notando che alla prima isola dove che dismontammo, metemmo nome isola di Buona Vista, per esser stata la prima vista di terra in quelle parti; e a questa altra isola, che maggior ne pareva di tutte quattro, metemmo nome l’isola di San Iacobo, perché il giorno di san Filippo Iacobo (primo maggio) venimmo ad essa a metter ancora  […]

Fatto quanto è soprascritto, partimmo dalle dette quattro isole tenendo la volta di Capo Verde, onde in pochi giorni, Iddio mediante, venimmo a spelagare a vista di terra ad un luogo che si chiama le Due Palme, ch’è fra Capo Verde e rio de Senega, e avendo buona conoscenza del terreno seguimmo scorrendo il Capo […]

 

XXXIII. -  Como messer Luís encontrou messer Antonieto Usodomar, gentil homem genovês, com duas caravelas; e foi em sua conserva até passar Cabo Verde.

 

Como já disse, tive motivo para ficar nestes países do senhor Budomel uns dias, para ver, comprar e entender várias coisas; e estando já despachado e com certo número de escravos, resolvi ir mais adiante, passar Cabo Verde, ir a descobrir países novos, e experimentar a minha sorte. E ouvindo do senhor Infante, antes da minha saída de Portugal (como pessoa que de tempos a tempos era informada das coisas destes países dos negros, entre as outras informações que tinha), que não muito longe deste primeiro reino de Senegal, mais adiante, se achava outro reino chamado Gâmbia, do qual contavam os negros levados para Portugal que nele se encontrava grande soma de ouro e que os cristãos que lá fossem ficariam ricos; portanto eu, movido do desejo de achar este ouro e também de ver várias coisas, desembaracei-me de Budomel e fui para a caravela.

E fazendo-me depressa à vela para sair daquela costa, eis que certa manhã apareceram duas velas no mar, as quais avistando-nos a nós e nós a elas, sabendo que só podiam ser cristãos, viemos á fala; e sabido que um dos ditos navios era de Antonieto Usodomar, gentil homem genovês, e o outro dalguns escudeiros do dito senhor Infante, os quais de acordo se tinham feita conserva para passar o dito Cabo Verde, experimentar sua fortuna e descobrir coisas novas, encontrando-me também com o mesmo propósito, pus-me em companhia deles; e com uma só vontade dirigimos o nosso rumo para o dito Cabo, também para sul, ao longo da costa, sempre à vista da terra. E assim que no dia seguinte, com vento próspero, tivemos vista do dito cabo, que é distante do lugar donde parti umas trinta das nossas milhas italianas.

  

XXXIV.- Porque é que Cabo Verde é assim chamado: de três ilhotas descobertas, e da costa do dito Cabo Verde.

 

Este Cabo Verde, assim chamado dos  primeiros que o descobriram (que foram os portugueses) um ano antes que eu estivesse naquelas terras, o encontraram todo verdejante de grandes árvores, viçosas durante todo o ano; e por esta razão lhe foi posto o nome de Cabo Verde, da mesma forma que o de Cabo Branco ao outro de que já falámos, por ser todo arenoso e branco. Este Cabo Verde é muito belo e alto, e tem na ponta duas lombadas, isto é, dois montículos, e estende-se muito pelo mar dentro; sobre ele e à roda há muitas habitações de camponeses negros, e casas de palha, todas junto à marinha e à vista dos que passam; e são estes negros também do dito reino de Senegal.

 Sobre o dito cabo há umas secas que saem fora do mar, talvez meia milha, e depois de passado encontramos três ilhotas pequenas, não muito longe da terra, desabitadas, e abundantes de árvores verdejantes e grandes; e carecidos de aguada, deitámos âncora numa delas, que nos pareceu maior e mais frutífera, para ver se encontrávamos aí alguma fonte, mas desembarcando, não a encontrámos, a não ser num lugar, onde parecia nascer alguma água, o que nos não pôde servir. Nesta ilha encontrámos muitos ninhos e ovos de diferentes aves, de nós desconhecidos, e ai estivemos todo o dia pescando à linha e com anzóis grandes e apanhámos muitíssimos peixes, entre eles dentais, e enormes douradas velhas, de doze a quinze libras de peso cada uma e foi isto no mês de Junho.

No dia seguinte partimos, fazendo-nos à vela, continuando sempre a nossa viagem e navegando sempre à vista de terra; note-se que além do dito Cabo Verde se forma um golfo para dentro, e a costa é toda baixa, abundante de belíssimas e grandíssimas arvores verdes, que não perdem a folha em todo o ano, isto é, que nunca se secam, como as nossas daqui, mas antes que caia uma folha outra nasce. E estas árvores chegam até à praia, à distância de um tiro de besta, de forma que parecem beber no mar, o que é belíssimo de ver e, ao que me parece, eu que naveguei em muitos sítios do Levante e do Poente, nunca vi costa mais formosa do que esta, banhada por muitos rios e riachos de escassa importância, pois neles não poderiam entrar navios grandes.

   

SEGUNDA NAVEGAÇÃO

 (1456)

  

I. - Quem foram os Primeiros que descobriram as ilhas de Cabo Verde, a duas das quais puseram nome de Boa Vista e Sant’Iago.

 

Da condição deste pais de Gâmbia, pelo que pude ver e entender nesta minha primeira viagem, pouco ou nada se pode dizer, especialmente de vista, porque como ouvistes, sendo as gentes da marinha ásperas e selvagens, não pudemos falar com elas em terra nem tratar coisa alguma, e depois fomos obrigados a voltar para Portugal e a ir mais para frente porque, como acima dissemos, os nossos marinheiros nos não quiseram seguir.

Portanto no ano seguinte, o dito gentil-homem genovês e eu, outra vez de acordo, armámos duas caravelas para buscar este rio; e ouvindo dizer o dito senhor Infante (sem cuja licença não podíamos ir que nós tínhamos tomado esta resolução, muito lhe agradou, e quis armar uma sua caravela, que viesse em nossa companhia. E providos de todo o necessário, saímos do lugar chamado Lagos, que fica perto do Cabo de S. Vicente, no princípio do mês de Maio, com vento próspero, e pusemos o rumo para as Canárias, onde em poucos dias chegámos. Sendo o tempo favorável, não nos preocupámos de tocar nas ditas ilhas, mas navegámos em seguida para o sul e com a corrente da água, que impetuosamente seguia para sudoeste, andámos muito. Chegámos finalmente ao Cabo Branco, e tendo vista dele, fizemo-nos um pouco ao mar, e na noite seguinte assaltou-nos um temporal de sudoeste com vento forte, pelo que, para não voltar para trás, fizemo-nos para oes-noroeste, salvo erro, para costear e defendermo-nos do tempo, duas noites e três dias.

Ao terceiro dia tivemos vista de terra, gritando todos terra, terra, e muito nos admirámos porque não sabíamos de naquelas paragens haver terra. Mandámos subir ao mastro dois homens, que descobriram duas grandes ilhas; o que, sabido de nós, demos graças a nosso Senhor Deus, que nos levava a ver coisas novas, pois bem sabíamos que destas ilhas não havia notícia alguma em Portugal; e julgando que podiam ser habitadas, para saber mais e para experimentar a nossa sorte, fizemos rumo a uma delas, e em pouco tempo estávamos perto.

Chegados a ela, pareceu-nos grande e costeámo-la bastante à vista de terra; e tanto que chegámos a um lugar onde pareceu que haveria boa paragem, ali lançámos âncora, e fazendo bonança, deitámos a lancha fora e enviámo-la a terra, bem armada, para ver se havia ali gente ou vestígio de habitação. Foram e buscaram muito, mas não encontraram nem estradas nem vestígios pelos quais se pudesse entender que fosse habitada.

Recebido este relato deles, na manhã seguinte, para me elucidar completamente, enviei dez homens bem providos de armas e bestas, que subissem à dita ilha por uma parte onde era montuosa e alta, para ver se achavam alguma coisa, ou se viam outras ilhas. Foram, e nada mais acharam senão que era desabitada, e havia imensa quantidade de pombos, que se podiam apanhar à mão, não sabendo o que fosse o homem; e trouxeram muitos deles para a caravela, apanhados com bastões e massas. No alto da montanha tiveram vista de três outras grandes ilhas de que não tínhamos dado conta, porque uma nos ficava a sotavento da parte do norte, e as outras duas estavam na mesma linha, do lado oposto, da parte do sul, também na nossa derrota, e todas à vista umas das outras. Pareceu-lhes ver mais ilhas pelo poente, muito pelo mar dentro. Todavia, não se viam bem, pela distância, e não cuidei de ir lá, quer para não perder tempo e seguir a minha viagem, quer por julgar que estivessem desabitadas e selvagens, corno eram estas outras; mas depois, pela fama destas quatro ilhas que eu tinha descoberto, chegados outros aqui, foram reconhecê-las e descobriram que eram dez ilhas, entre grandes e pequenas, desabitadas, e só encontraram nelas pombos, aves de espécies estranhas e grande pescaria de peixes.

Mas, voltando ao nosso propósito, partimos desta ilha e, seguindo nossa viagem, chegámos à vista das outras duas onde, correndo ao longo da costa duma delas, que nos parecia abundante de árvores, descobrimos a boca dum rio que dela saia; e julgando que fosse de boa água aproximámo-nos da margem para nos prover dela. Desembarcaram alguns dos meus e foram ao primeiro lugar deste rio, pela margem acima, onde acharam lagoas pequenas de branquíssimo e belo sal, de que trouxeram grande quantidade para o navio, e dele tomámos quanto nos pareceu; e igualmente, achando muito boa água, nos provemos dela. E digo que encontrámos aqui grande quantidade de tartarugas, ou seja “gajandre” à nossa maneira, das quais tomámos algumas, cujas conchas eram maiores que boas adargas; e aqueles marinheiros mataram muitas e fizeram muitas comidas, dizendo que de outras vezes tinham comido delas no Golfo de Arguim, onde também apareciam, mas não tão grandes; e digo que para experimentar mais coisas, também comi delas e pareceram-me boas, quase tanto como carne branca de vitela, tão bom cheiro e sabor tinham; de forma que salgaram muitas delas, que em parte nos foram boa munição na viagem. Também pescámos na embocadura deste rio, e dentro dele, e achámos tanta quantidade de peixe, que é incrível de se dizer; muitos nunca os tínhamos visto, mas eram grandes e de bom gosto. O rio era grande, e assim facilmente podia entrar nele um navio de setenta e cinco toneladas carregado, e de largura uns bom tiro de arco. Aqui estivemos dois dias de descanso e nos provemos dos ditos refrescos e com inúmeros pombos que matámos; e noto que à primeira ilha onde desembarcámos, demos o nome de Ilha de Boa Vista, por ter sido a primeira vista de terra naquelas partes; e a esta outra, que nos parecia a maior das quatro, demos o nome de Ilha de Sant’Iago, porque fomos lançar âncora nela no dia de S. Filipe [e] Sant’Iago.[...]

Feito o que acima escrevi, partimos das ditas ilhas na direcção de Cabo Verde, onde em poucos dias, com a ajuda de Deus, chegámos à vista de terra, a um lugar que se chama as Duas Palmas, entre Cabo Verde e Rio de Senegal. E, por se ter bom conhecimento do terreno, continuámos correndo o Cabo [...]

 

 

 

 

TEXTOS CONSULTADOS

 

 

Prospero Peragallo (1823-1916), Cenni intorno alla colonia italiana in Portogallo nei secoli XIV, XV e XVI, Genova, Stabilimento Tip. Ved. Papini e Figli, 1907, 186 pag.

 

Silvano Peloso, Al di là delle colonne d'Ercole. Madera e gli arcipelaghi atlantici nelle cronache italiane di viaggio dell'età delle scoperte, 2004, 334 p., ill., brossura, Sette Città  (collana Nuovo mondo), Viterbo, ISBN 8886091761

 

Relation des voyages à la côte occidentale d'Afrique d'Alvise de Ca' da Mosto, 1445-1457, publiée par M. Charles Schefer, Paris, Ernest Leroux Éditeur, 28, rue Bonaparte, 1895

Online: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k1048998

 

 A Madeira vista por estrangeiros, 1455-1700, coordenação e notas de António Aragão, Secretaria Regional da Educação e Cultura, Funchal, 1981, 420 pags.

 

Navegações de Luis de Cadamosto, texto em italiano e tradução portuguesa do Dr. Giuseppe Carlo Rossi, Lisboa, Instituto para a Alta Cultura, 1944, 87 pags.

 

Marie-Pierre Laurent-du-Tertre, Les informateurs d'Alvise da Mosto : première et deuxième navigations, 1455 & 1456 - Lisboa : Instituto de Investigação Científica Tropical, 1988. - 10 p. : il. ; 30 cm. - (Centro de Estudos de História e Cartografia Antiga. Separatas, ISSN 0870-6735 ; 211), Separado de: Revista da Universidade de Coimbra, 1988. - p. 477-484. - v. 34

Online: http://www.iict.pt/imagens/211.pdf

 

Alessandra Mauro, O Carro do Austro de Alvise da Ca' Da Mosto : observações astrónomicas e fortuna editorial. - Lisboa : Instituto de Investigação Científica Tropical, 1988. - 15 p. : il. ; 30 cm. - (Centro de Estudos de História e Cartografia Antiga. Separatas ; 210), Separado de: Revista da Universidade de Coimbra, 1988. - p. 463-475. - v. 34

 Online:  http://www.iict.pt/imagens/210.pdf

  

Alessandra Mauro, As modalidades de navegação e de preparação nas Navigazioni de Alviso da Ca' da Mosto. - Lisboa : Instituto de Investigação Científica Tropical, [1984]. - 6 p. ; 30 cm. - (Centro de Estudos de História e de Cartografia Antiga. Separatas ; 155), Separado de: Revista da Universidade de Coimbra, 1985. - p. 63-66. - v. 32

Online:  http://www.iict.pt/imagens/155.pdf